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Giornata della Memoria, a Chieti nel ricordo di Aldo Oberdorfer

L'insegnante ebreo insegnava al "Galiani" sul cui selciato è posizionata una pietra d'inciampo

Sul selciato davanti all'ingresso dell'ITC “F. Galiani” di Chieti, posizionata dall’artista berlinese Gunter Demning a gennaio del 2016, nel 150° anniversario della nascita della scuola,  c’è una “pietra d’inciampo”, di cm 10x10, con la seguente dedica:

QUI INSEGNÒ

ALDO OBERDORFER

NATO 1885

ARRESTATO 11.6.1940

MILANO

INTERNATO CAMPO LANCIANO

MORTO 14.9.1941

Con le migliaia di “pietre” già impiantate in Italia e in Europa, l’artista vuole fare “inciampare” i cittadini, invitandoli a ricordare coloro a cui sono dedicate. Il seguente breve profilo biografico del professore vi aiuterà a ricordare la sua storia,  quando “inciamperete” sulla sua “pietra”. 

Questo il ricordo dello storico Filippo Paziente.

É nato a Trieste il 21 novembre 1885. Il 24 ottobre 1912 è trasferito dall’Istituto Tecnico Nautico di Ancona all’ITC “Ferdinando Galiani” di Chieti. Nello  “Stato personale” del nuovo insegnante il preside legge che è orfano di entrambi i genitori, celibe, laureato in Lettere Italiane e in Lingua e Letteratura Tedesca. All’insegnamento unisce  l’attività di traduttore: ha già tradotto dal tedesco l’opera Ecce homo di Nietzsche. Nello “Stato di famiglia” sono registrate a suo carico la zia Carolina e due sorelle.

  Chieti il professore trova  un acceso clima politico,  per le imminenti prime elezioni  a suffragio elettorale maschile (26 ottobre 1913; registreranno la  vittoria del socialista riformista Giangabriele Valignani su Camillo Mezzanotte). L’11 giugno 1914, Oberdorfer e  Ida Grassi, giovane professoressa delle Scuole Normali, entrambi socialisti, sono accusati dalla stampa borghese:  di indottrinamento ideologico e di propaganda politica a scuola;  di aver organizzato, insieme con il Circolo giovanile socialista e i circoli libertari “Giordano Bruno” e “Francisco Ferrer”, un comizio, degenerato in disordini,  per protestare contro il comportamento repressivo della forza pubblica ad Ancona, durante la “Settimana rossa”. In difesa dei due professori, 135 alunni delle Scuole Normali sottoscrivono, fanno stampare e pubblicare una dichiarazione “contro l’arma dei vili”.

Il 29 settembre 1914  Oberdorfer pone fine al suo rapporto con la città di Chieti: il ministro della Pubblica Istruzione, dopo una visita ispettiva, nonostante il parere contrario del preside, dispone il suo trasferimento, in successione fino al 24 maggio 1915, negli Istituti Tecnici  di Napoli, Pisa, Torino, Venezia. Reduce dalla guerra, cui ha partecipato come volontario, il professore torna a Trieste e non risparmia energie per l’istruzione e l’educazione civile e politica dei ceti popolari (dirigente, come Matteotti, del Partito Socialista Riformista, collabora alla costituzione di cooperative operaie e scolastiche; è autore di libri divulgativi su Beethoven, Wagner, Verdi, Michelangelo, Leonardo).

Con l’applicazione delle leggi razziali, il regime fascista lo espelle dalla scuola e lo riduce in miseria. Si trasferisce a Milano con la zia e le sorelle, sempre a suo carico, e si guadagna da vivere come pubblicista e traduttore dal tedesco di opere filosofiche e letterarie. L’11 giugno 1940 il prefetto, applicando una circolare del Ministero dell’interno, che ordina l’internamento degli ebrei ritenuti pericolosi, dispone il suo arresto e lo affida al prefetto di Chieti, che  lo spedisce immediatamente  nel campo di concentramento di Lanciano. Le tre donne restano abbandonate a Milano senza alcun sostegno. Il prefetto, ricevute le informazioni sul comportamento del professore durante i due anni di insegnamento al “Galiani”, ritenendo che la sua permanenza in provincia avrebbe favorito la diffusione di sentimenti antifascisti, con una lettera datata 24 luglio 1940 al MI, ne chiede il trasferimento in altra sede. La richiesta è respinta. Oberdorfer si ammala gravemente di tumore all’intestino ed è ricoverato  nell’ospedale civile di Lanciano.  La novantenne  zia Carolina, disperata, si adopera per aiutarlo. Il 22 febbraio 1941 invia al Ml la domanda di revoca dell’internamento: respinta! Il primario dell’ospedale e lo stesso prefetto ritengono che il malato debba essere ricoverato in un ospedale specializzato. Carolina ne chiede il trasferimento nell’Istituto Tumori di Milano: il prefetto si oppone!! La domanda di revoca dell’internamento è rinnovata dal professore, ormai ridotto nelle pietose condizioni di malato terminale: respinta!!! Il 12 giugno è Mussolini, forse memore del suo passato di socialista, a compiere un tardivo atto di clemenza, concedendo la revoca e il trasferimento nell’Istituto Tumori. Qui, il 14 settembre 1941, la morte pone fine alla tragica odissea dello scrittore triestino. 

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