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Venerdì, 19 Aprile 2024
Attualità Palombaro

Chi era Ameriga D'Angelo, la donna che sfidò il gerarca fascista Guido Cristini

Riceviamo e pubblichiamo un articolo dello storico Filippo Paziente e il ricordo per il 25 aprile dell'eroina di Palombaro

Il giovane Antonio Gramsci, in un articolo sulla rivista "La città futura", scrisse che "l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti".

Pagò l'opposizione all'indifferenza verso il fascismo col martirio del carcere. Oggi l'indifferenza sta favorendo la rinascita e la diffusione in Italia di movimenti neofascisti. L'imperativo dell'Anpi, "Mai più fascismi!", che rinnoviamo celebrando la Festa della Liberazione, può essere attuato se sconfiggiamo l'indifferenza, seguendo l'insegnamento di Gramsci.

Subito dopo la prima guerra mondiale fu anche l'indifferenza delle masse che favorì la nascita, lo sviluppo, il consolidamento e la dittatura del fascismo. Ma ci furono anche cittadini comuni, uomini e donne, che nel ventennio non rimasero indifferenti di fronte al fascismo,  ma coraggiosaamente si opposero, subendo il licenziamento, il carcere, il confino, la condanna a morte. Nella nostra provincia una giovane donna di un piccolo comune osò sfidare il gerarca fascista Guido Cristini. 

 Ameriga D'Angelo nasce a Palombaro l'11 settembre 1900. Insegnante elementare,  frequenta la Chiesa Episcopale Evangelica ed è attiva propagandista delle idee socialiste, diffuse in provincia da Guido Torrese, fondatore nel 1919 della Camera del Lavoro di Chieti, e l'anno seguente da Giacomo Matteotti, che celebra a Chieti la festa del Primo Maggio. La sua barbara uccisione suscita sdegno e profonda commozione nell'animo della giovane. Sollecita i compagni a inviare un telegramma di solidarietà alla famiglia e a partecipare alle iniziative promosse dagli organi nazionali del partito, distribuendo cartoline e medagliette con la foto del Martire. 

Agli inizi del 1925 i fascisti organizzano a Palombaro una parata patriottica. Marciano  per le vie del paese gridando"Eia! Eia! Eia! Alalà!". Li guida, impettito e altezzoso, il gerarca Guido Cristini di Guardiagrele, futuro presidente del Tribunale Speciale, con la sua "Squadra dei lupi". In atto di sfida, Ameriga assiste alla parata con una visibile foto di Matteotti sul petto. Il gerarca gliela strappa. Ameriga gli affibbia un gran ceffone. Livido di rabbia, Cristini la fa dispensare dall'insegnamento e la costringe ad abbandonare il paese. Si trasferisce a Roma e insegna  nell'asilo di una Colonia Infantile della CRI. Conosce il giovane antifascista Francesco Fausto Nitti, pronipote dell'ex presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. La comune passione politica e appartenenza alla Chiesa Evangelica suscita tra i due giovani un sentimento d'amore. Sottoposti a sorveglianza speciale dalla Polizia Politica fascista, nel giugno del 1926 sono entrambi arrestati per attività sovversiva. Ameriga rimane in carcere per breve tempo; Fausto è condannato a cinque anni di confino, da scontare nell'isola di Lipari con Emilio Lussu e Carlo Rosselli. I tre confinati sono protagonisti di una clamorosa fuga, infliggendo uno scacco all'apparato poliziesco di Mussolini: la notte del 27 luglio 1929 salgono a bordo di un motoscafo proveniente dalla Tunisia e lasciano l'isola, rifugiandosi a Parigi.  

Nel gennaio del 1930 Ameriga elude la sorveglianza della polizia ed espatria a Basilea. Qui è raggiunta da Fausto, si unisce a lui in matrimonio e lo segue a Parigi. Con Emilio Lussu, Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini, Fausto dà vita al movimento di "Giustizia e Libertà". Nel 1937 parte volontario per la Spagna e, al comando di un battaglione di giovani anarchici, combatte a Huesca a fianco della XII Brigata Internazionale "Garibaldi". Dopo la drammatica esperienza della guerra civile spagnola, partecipa alla Resistenza francese. Catturato dai nazisti, è recluso per un anno in un campo d'internamento. Caricato con altri prigionieri su un treno diretto al campo di sterminio di Dachau, riesce a fuggire in modo rocambolesco e torna a combattere nella Resistenza francese.

Ameriga affronta e supera con grande coraggio i momenti di sconforto e di solitudine vissuti nel lungo esilio, per la lontananza del marito e della famiglia di origine, allevando ed educando i due figli nati dal matrimonio. Nelle lettere che clandestinamente da Parigi invia ai familiari esprime l'amore profondo per "l'adorato Franz" e la struggente nostalgia per il proprio paese:
     
Da quasi due anni vivo solo coi bimbi perchè Francesco è lontano. [...] I figli sono una grande cosa, ma quante rinunzie per essi. [...] Sai, qualche volta la nostalgia di casa, di voi, del mio paese, mi prende, ma guai se mi faccio prendere da simili malinconie e reagisco e riesco più coraggiosa di quei momenti di 'cafard' (sconforto)tche tutti gli esiliati hanno provato.
(Dalla lettera spedita il 4 febbraio 1938 alla sorella Carmela) 

Il mio pensiero è tutto assorto per Franz, che da molto tempo è lontano da noi per una causa bellissima, sublime. Quando potrò raccontarti tante, tante cose?
(Dalla lettera alla sorella Undicina)

Ameriga e Fausto tornano in Italia nell'estate del 1945. Non risparmiano energie nell'impegno civile e politico. Fausto assume l'incarico di capo del Servizio Prigionieri di guerra del Ministero dell'Assistenza postbellica e negli anni dal 1945 al 1947 organizza il rimpatrio di oltre 800.000 prigionieri italiani. Negli anni seguenti  si prodiga nell'Anpi (come vicepresidente), nell'Anppia e nell'Inca della Cgil. Per il suo contributo alla causa della liberazione della Francia, è insignito della Médaille dé la Résistance. Ameriga, quale rappresentante della CRI, nel biennio 1945-1946 assiste le migliaia di prigionieri italiani in Francia. È insignita del titolo di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Muore a Roma il 3 novembre 1991. 

                                                     Filippo Paziente 

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