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Martedì, 23 Aprile 2024
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Alternanza scuola-lavoro: Chieti 92esima, è tra le province meno attrezzate

L'Abruzzo giù nella classifica elaborata da Unisc per rapporto tra strutture ospitanti e studenti. Intanto si chiede la non obbligatorietà almeno nei licei

Criticata su più fronti, anche alla luce di alcuni tragici fatti di cronaca, l’alternanza scuola-lavoro da anni è realtà nelle scuole superiori, dove venne resa obbligatoria dalla legge 107, la cosiddetta “Buona Scuola” del governo Renzi, allo scopo di avvicinare gli studenti al mondo del lavoro applicando le competenze acquisite a scuola.

Sebbene sia passato diverso tempo dalla sua applicazione, ad oggi l'Abruzzo risulta essere la regione meno "attrezzata" per quanto riguarda l’offerta. Chieti è la 92esima provincia (su 110) nella graduatoria per rapporto tra strutture ospitanti e studenti con 221 organismi iscritti nel registro nazionale delle imprese per l'alternanza scuola-lavoro. Maglia nera in Abruzzo a Teramo, terz’ultima provincia italiana  con soli 57 organismi iscritti per l'alternanza scuola-lavoro; L'Aquila è al 93° posto con 169 strutture e Pescara al 101° con 124 strutture. 

I dati sono riportati nel dossier pubblicato da sindacato datoriale Unsic dove si legge anche che a livello nazionale è il territorio della provincia di Firenze quello più “attrezzato” per l’alternanza scuola-lavoro, a cui fanno seguito Sondrio, Pisa, Trento e Modena. A livello regionale al primo posto si conferma la Toscana, seguita da Trentino-Alto Adige e Veneto.
A chiudere la classifica, Sicilia, Campania e, appunto, l'Abruzzo fanalino di coda, che conferma l'ultimo posto anche per offerta delle sole imprese, dove primeggiano Veneto, Trentino-Alto Adige e Lombardia.

Le “pagelle” ai territori, che ne evidenziano le difformità, sono frutto principalmente del volume dell’offerta di strutture disponibili ad ospitare gli studenti rispetto al numero di residenti e di studenti. Infatti a fronte delle rilevanti richieste scolastiche costituisce una delle criticità ataviche dell’esperienza proprio l’esiguità dell’offerta, che non include solo “imprese” ma anche enti pubblici e privati, musei, associazioni, sindacati, biblioteche, enti sportivi, ecc. “I dati emersi e da noi elaborati possono tenere conto unicamente degli aspetti quantitativi, ma non possono includere gli elementi qualitativi, difficili da individuare anche per l’assenza di monitoraggi istituzionali – precisa Domenico Mamone, presidente dell’Unsic - .Ad esempio, sotto la generica definizione istituzionale di ‘impresa’ si va dalla multinazionale al piccolo bar e ciò potrebbe parzialmente inficiare l’elaborazione finale, per quanto la fotografia della tendenza provinciale e regionale resta comunque affidabile”.

E sull’alternanza scuola-lavoro, dal 2015 obbligatoria per le ultime tre classi di tutte le scuole superiori e dal 2019 ribattezzata Pcto prima della sosta forzata per la pandemia, l’Unsic, assieme al dossier, ha elaborato anche alcune proposte per riformare la materia: dalla non obbligatorietà almeno nei licei e dall’estromissione come requisito di ammissione agli esami di Stato agli sgravi per le aziende coinvolte che dovrebbero avere certificazioni aggiuntive sulla sicurezza, oltre a quelle di prassi. L’organizzazione propone anche un accordo scritto tra struttura ospitante e scuola con l’impegno a fornire un programma formativo allineato con le finalità di orientamento e formazione, un ruolo per sindacati e organismi rappresentativi di settore sul fronte della prevenzione della sicurezza, l’idea di un dibattito aperto sull’eventuale “minisalario” allo studente per l’alternanza (sul modello tedesco), “benché i ragazzi siano in formazione e non dovrebbero lavorare” e un monitoraggio ministeriale, oggi assente.
 

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