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Video| La Capanna di Betlemme: a Chieti il rifugio degli "ultimi"

Una casa di accoglienza per persone in difficoltà. Il riscatto attraverso la vita di comunità ed il lavoro

Conosco Luca sabato stamattina, direttore di comunità, è un titolo lavorativo. Luca è molto altro, lavora con gli ultimi tutti i giorni. Sono sicuro che non li definirebbe ultimi, sono persone, uno specchio meraviglioso di noi stessi, come lui afferma. “Il lunedì ed il venerdì notte andiamo per strada, ad aiutare i barboni e le prostitute. Se vuoi venire anche tu a darci una mano ogni tanto, mi fa piacere”. Lo dice con grande naturalezza, mentre sorride con gli altri ospiti della “Casa di Betlemme” e discute le mille faccende da fare.

Qui si lavora, stireria, cucina, laboratori di arte e di falegnameria, il riscatto, parte dal lavoro, dal darsi da fare per se è per gli altri, ed è una cosa bellissima, lo specchio di come dovrebbe essere la società ideale per me. Svuotano anche cantine e garage, gratuitamente per i residenti del quartiere, ad offerta (che vanno a chi lavora e non alla struttura) per tutti gli altri. C’è stata anche una cena che hanno organizzato per tutto il vicinato. Venticinque persone hanno risposto all’invito. Per me sono tantissime.

Incontro anche un signore che vedevo quasi tutte le mattine ubriaco al bar. Non lo conosco ma mi viene spontaneo avvicinarmi e dirgli “Mi fa troppo piacere vederti qui e non al bar”. “L’ho fatto per i miei figli, la più piccola in particolare. Grazie quando ci rivediamo ti offro un caffè, giuro”. Lo dice sorridendo, come a dire, la morsa dell’alcol la sto allentando.

C’è chi scherza con accento romanesco sul derby imminente, ma siamo a Chieti, città abruzzese che accoglie anche Amina, da un barcone alla prostituzione di strada, con l’aguzzino che la guarda a vista, oggi qui, per fortuna , arriva sul terrazzo con la bimba in braccio che sorride tanto e lancia bacetti alla statuina della Madonna appena la vede. C’è spazio anche per la storia di Michele, arriva da fuori Abruzzo, fa il muratore, i primi 5 anni tutto bene, poi perde il lavoro e finisce in strada, ma ha troppa dignità per farlo sapere ai parenti lontani, durante il periodo di Natale va alla Caritas, si ripulisce per bene e va da parenti, facendo finta che tutto procede per i meglio. Viene raccolto dalla strada, tumore gravissimo al pancres, decreta impietosamente una visita che gli fanno svolgere quando viene accolto. L’ultimo mese lo trascorre qui alla Capanna di Betlemme, ultimo rifugio degli ultimi.

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Ora potrebbe sembrare una mattina triste, non lo è stata affatto, Luca ha colorato tutte le porte delle camere, ha fatto bene, qui dentro c’è colore, c’è vita, voglia di fare e di mettersi in gioco. Quando esco vedo Michele che non è più esattamente un giovanotto, ieri era al bar ad ubriacarsi, oggi con grinta dice agli altri che stanno riempiendo un furgone “Andiamo ragazzi, andiamo!". I nomi, tranne quello di Luca, sono di fantasia.

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