rotate-mobile
Earth Day Italia

La ricerca del petrolio nel mare abruzzese, il far west continua

Legambiente nel dossier "Per un pungo di taniche" fa il punto della situazione dell'estrazioni petrolifere nei mari italiani favorite dall'art.35 del decreto sviluppo

Se negli occhi abbiamo le leggendarie corse all’oro che i primi pionieri facevano sul suolo americano verso il “far west”, oggi lo scenario cambia e di molto. Sono infatti le acque dei mari italiani il nuovo la nuova meta da conquistare nella corsa all’oro nero, che riguarda,  tra trivellazioni e aree di ricerca, oltre 24mila chilometri quadrati, un’area praticamente grande come la Sardegna.  Le compagnie petrolifere tornano a fronteggiarsi, in maniera molto “complice” a dir la verità,  grazie alle nuove politiche energetiche che rilanciano la produzione di idrocarburi. L’argomento viene trattato nel dossier di Legambiente “Per un pugno di taniche”, nel quale si focalizza l’attenzione sull’articolo 35 del Decreto Sviluppo, che ha riaperto la possibilità di trivellazioni sottocosta.

Il mare abruzzese come sempre è uno degli obiettivi principali delle varie compagnie petrolifere. Oltre alle piattaforme Rospo Mare A B C, che hanno complessivamente 29 pozzi attivi, sotto le acque dell’Abruzzo si stanno effettuando altre ricerche. Sono infatti 5, tra la costa abruzzese e quella molisana, i “permessi di ricerca” già rilasciati a diverse compagnie che, secondo il dossier di Legambiente, setacciano  un totale di 1343,5 kmq. Queste si aggiungono alle ricerche attive sul mare delle Marche e della Puglia, che si estendono anche sullo Jonio e nel Canale di Sicilia.

Il mare italiano, stando alle stime del ministero dello sviluppo economico, riportate nel dossier , ha riserve per circa 10 milioni di tonnellate di greggio, che per i consumi attuali di energia richiesta  durerebbe appena due mesi. Se i dati fossero confermati parrebbe davvero insensato attivare una macchina mastodontica per numeri tutto sommato risibili, sempre secondo il dossier. Inoltre, i 15 miliardi di euro di investimento e i 25 mila posti di lavoro che verrebbero a crearsi, sembrano poca cosa rispetto al volano che potrebbe mettersi  in moto se si partisse con una politica energetica basata sulle fonti rinnovabili, che attiverebbero  oltre 250 mila nuovi posti di lavoro.

 Ciò che risulta palese è il divario tra i benefici che ne trarrebbero le compagnie petrolifere rispetto alla comunità, mentre le amministrazioni locali , tagliate fuori da ogni contesto decisionale, sembra che di vantaggi non ne abbiano nessuno. In Abruzzo a nulla sono valse le contrarietà di cittadini, amministrazioni locali e della stessa Regione per quanto riguarda la nuova piattaforma di Ombrina mare. Nello scorso gennaio la Commissione VIA ha rilasciato parere positivo al progetto, che prevede oltre ai pozzi lo stanziamento a largo di una nave-impianto per il pretrattamento del petrolio. L’impianto dovrebbe sorgere a sole 3 miglia dall’istituendo Parco Nazionale della costa Teatina e vede la contrarietà appunto di tutte le amministrazioni locali coinvolte. La costruzione era stata bloccata per la vicinanza alla costa, ma con l’articolo 35 del decreto sviluppo, questo importante paletto verrebbe meno aprendo alla possibilità della realizzazione. Il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha comunque rimandato indietro il provvedimento chiedendo approfondimenti sull’impatto ambientale.

 Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente durante la presentazione del dossier ha dichiarato: “La realtà è che l’Italia è diventata una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri. Per loro il rischio d’impresa, grazie alle ultime leggi, è quasi nullo, mentre restano incalcolabili i rischi per l’ambiente. Occorre fermare al più presto questa insensata corsa all’oro nero e per questo chiediamo al Parlamento di abrogare l’articolo 35 del decreto sviluppo, vera manna dal cielo per i petrolieri. Ma – ha continuato il direttore- occorre anche una forte azione congiunta di Regioni, Province, Comuni e tutti gli altri Enti Locali nei confronti del Governo per assicurarsi un ruolo determinante in scelte così importanti per il loro futuro”.

Se il fabbisogno di petrolio porterà ad altri trivellamenti lo vedremo a breve, anche se i pericoli di creare importanti fratture negli ecosistemi marini di queste acque dovrebbe valere più dell’olio nero, ma evidentemente non per tutti.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La ricerca del petrolio nel mare abruzzese, il far west continua

ChietiToday è in caricamento