La 5° A Chimica, come è bello ritrovarsi
Ce ne accorgevamo quasi senza volerlo, acquattati sulla spiaggia all'uttimo solicello di agosto che le giornate erano più corte più tristi, più sfocate.
Gli ultimi giorni di vacanza, una fucilata nel fondoschiena da far crollare un mulo, ma tant'è si doveva ritornare. Ritrovarsi in città, o fra le quattro mura del paese, per contare i giorni che ci separavano dalla scuola, le ore che ci mantenevano ancora lontani da quelle mura grigie, i minuti che ci salvavano dalla maledetta campana, i secondi che tenevano a freno il fiato caldo dei bidelli sul collo, i centesimi che ci ponevano ancora fuori tiro dalle verifiche programmate. Annaspare per ore dietro a un sogno che muore, lentamente di asfissia, per entrare di nuovo nell'incubo d'autunno. Scrutare il calendario del gommista appeso al chiodo sul muro della cucina, boccheggiare e capire, in un triplo cognac che c'è poco da fare.
E poi, quella mattina livida e spietata, srotolare giù da letto con la bocca impastata, infilarsi dentro al cesso con la morte nel cuore, trascinarci alla fermata del filobus col biglietto scaduto guardar fisso negli occhi un vecchietto assonnato, rimbalzare tra i pivelli che ridacchiano invano, atterrare malamente di muso, proprio sotto al portone già mezzo chiuso. Che fare? Il fattibiie e, dunque, ritrovare gli stessi amici, le menate di sempre i sorrisi, le faccende di cuore che vanno a pallino. Il professore di Chimica fisica, Sanità Di Toppe, che incomincia a spiegare le sue derivate parziali e a dettare pagine e pagine di quaderno dicendoti subito che eravamo già indietro col programma e d'incanto, per nulla storditi, smoccolare di brutto e far finta di essere vivi.
Questo ci capitava ogni anno per cinque anni, quelli necessari per prendersi il diploma di Perito Chimico Industriale Capochimico all'ITIS Luigi Di Savoia di Chieti.