Festa del Majo a Chieti venerdì 1° maggio
Dalle ore 11 alle ore 17 di venerdì 1° maggio si terrà a Chieti la festa del Majo, che, attraverso l’identificazione con il pupazzo del Majo, permette di accertare e consacrare non solo la propiziazione delle messi e dei raccolti, ma anche il trionfo della Primavera e il ristabilirsi degli equilibri naturali.
Si tratta dell’ultima e più importante festa di primavera e rappresenta nel calendario tradizionale l’arrivo dell’estate. In questo periodo i riti sono i più importanti perché Maggio è il mese cruciale in campagna, serve per ingraziare le piogge primaverili (acqua di Maggio) e con esse il raccolto. Anche se tanto importante la Primavera dura poco nel mondo tradizionale perché subito dopo inizia una fase dura sia di lavoro che di privazioni e infatti si dice di salire la costa di Maggio e in campagna con poco cibo a disposizione in questo periodo e molta fatica e giorni che si sono fatti lunghi c’è poco da festeggiare.
Aperta a uomini e donne che hanno continuato ad adornarsi con virgulti vegetali e fiori come i loro antenati romani. I maggiolanti girano per le case cantando e annunciando l’arrivo di Maggio. Il Majo è infatti un giovane maschio che indossa un alto cappello conico fatto con una intelaiatura di canna coperto di paglia e da moltissimi mazzetti di fiori. La padrona di casa dove si è eseguito il canto riceve un mazzolino staccato dal cappello in cambio di una offerta in cibo o denaro.
Il canto pantomimico tradizionale associato al Majo è il Canto dei Mesi. Dodici personaggi (mesciarule) recanti l’attributo simbolico del periodo dell’anno e mascherati, compreso il Majo, intonano il canto spostandosi di contrada in contrada, lo cantano per le strade e le piazze. Questo canto si svolge in semicerchio con al centro una tredicesima figura che rappresenta l’anno. I 12 mesi descrivono e vantano le proprie caratteristiche mentre l’anno li ammonisce sulla loro caducità ricordandogli che devono lasciar posto uno all’altro senza tregua.
Il ballo del Palo di Majo (poi svilito a lezioso “laccio d’amore” dei gruppi folcloristici) si esegue in cerchio, la figura geometrica più sacra per definire uno spazio in cui si compie l’azione magica dell’intreccio e dello streccio. Il palo centrale rappresenta un fallo fiorito nonché elemento di congiunzione tra cielo e terra, attorno al quale pendono coppie nastri (laccë). I nastri vengono impugnati dai maschi e offerti alle femmine e le coppie passano alternativamente al di sotto e al di sopra dei laccë rappresentando il tumultuoso sbocciare e il rigoglio della vegetazione.
I ballerini operano una funzione magica uguale e contraria, il legare e lo slegare serve a predirre l’andamento della stagione e del raccolto (e in parallelo l’andamento della vita e della fecondità delle coppie). La celebrazione continua poi fino al momento importantissimo del pasto rituale e collettivo. Questo cibo magico-rituale, contiene 3 volte sette legumi, verdure e paste (virtù tramane) oppure 9 tipi di legumi e 9 di verdute più altri nove (Lessagne Chietine), in quanto il nove in Frentania era il numero sacro per eccellenza e presenta un valore germinativo, di auspicio.
“Virtu” o “totemaje” o “Majo e cicciarille” o “Lessàme” o “Granati” o ”Li dsiffitelli” o Risusci” tutte sono varianti della stessa zuppa di legumi, verdure, pasta e carne. Qui mettiamo la ricetta tipicamente “marrucina” ma ogni paese aveva una formula locale. Si prepara nel callaro all’aperto e si serve insieme al vino e alla pizze de randinie, a dolcetti e altre cose tra cui i fichi carracini.
Il piatto va preparato fornendo coralmente gli ingredienti già cotti e ripassati e tenuti in caldo, aggiungendo brodo, viene servito da mezzogiorno fino alla sera. Il cerimoniale si conclude con il rogo del fantoccio del Majo, atto rituale che simboleggia il ricordo ancestrale di un sacrificio, umano o animale.