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Fusione Camera di Commercio Chieti-Pescara, le ragioni del no

La Cna Chieti: è stata votata una delibera di giunta che non ha alcuna efficacia se non verrà votata dalla maggioranza qualificata del consiglio camerale, ha votato no anche Confesercenti

La  fusione della Camera di Commercio di Chieti con quella di Pescara sarà reale solo se votata da almeno i due terzi del consiglio camerale. Lo affermano Savino Saraceni, presidente di Cna Chieti, e il direttore provinciale Letizia Scastiglia ricordando che  la delibera di giunta votata ieri dall'ente teatino non avrebbe efficacia attuale.

"Non tentiamo di indebolire i pochi strumenti di partecipazione democratica che ci sono rimasti nella gestione della cosa pubblica- dichiarano in una nota stampa - Noi non ci sentiamo per nulla sconfitti. La posizione di Rete Imprese Italia non è mai stata un no alla fusione, ma un no al metodo imposto ieri: siamo convinti infatti che la estrema debolezza che sta attraversando la Camera di commercio di Chieti in termini di rappresentatività non sia la migliore condizione per gestire una fase storica come la fusione con un’altra Camera di commercio. Ci battiamo perché scelte storiche per il sistema camerale vengano prese da organi rinnovati, pienamente nelle proprie funzioni e non dediti solo all’autoconservazione".

Anche per questa ragione, sottolineano Saraceni e Scastiglia, "ci chiediamo come sia possibile annunciare che la prima convocazione del nuovo consiglio camerale avvenga prima della scadenza dell’attuale consiglio, a dicembre, solo perché arriverà Squinzi che, vale la pena ricordarlo, non è il presidente degli imprenditori, ma di una delle associazioni che li rappresentano. La Camera è la casa delle associazioni, non di una sola di esse. Di fronte a questi atti di arroganza che non trovano fondamento neppure nelle regole, siamo fortemente amareggiati, perché con trasparenza e spirito di lealtà abbiamo cercato di portare la voce delle imprese da noi rappresentate nella gestione e nelle scelte dell’Istituzione camerale, ma c’è qualcuno che continua a volere che nulla cambi per conservare gli attuali equilibri. Ecco perché non ci sentiamo sconfitti, ed anzi continueremo la battaglia perché la fusione sia votata dai nuovi organi".

Hanno espresso voto contrario ieri la Cna e Confesercenti, mentre la Cia si è astenuta.

Giammarino e Legnini, rispettivamente direttore regionale e provinciale di Confesercenti, spiegano così le ragioni del no: “Siamo favorevoli da sempre alla fusione, ma le imprese hanno diritto ad una nuova governance della Camera.  La verità è che il voto di ieri è solo l’avvio della discussione, e avrà un solo effetto reale: la proroga degli attuali organi di governo della Camera, con in testa il presidente Silvio Di Lorenzo, che resterebbe al vertice dell’ente per altri 18 mesi. Abbiamo detto “no” ad un atto di forza e di autodifesa dell’attuale presidenza della Camera. Ribadiremo – annunciano – la nostra posizione anche nel Consiglio camerale che dovrà essere convocato a breve e che, siamo certi, respingerà il tentativo di autoconservazione dell’attuale governance. La fusione che vogliamo non può essere fatta contro interi settori economici, men che meno contro le piccole e medie imprese".

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