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Economia

Fiom Cgil: comunicato sull'Accordo Produttivita

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ChietiToday

Care Lavoratrici, cari Lavoratori, hanno deciso di nuovo, hanno sottoscritto di
nuovo, hanno cambiato di nuovo, ancora una volta senza tener conto delle opinioni
del Sindacato più rappresentativo di questo nostro Paese: la CGIL. L’accordo sulla
produttività, raggiunto alcuni giorni fa, dal titolo "linee programmatiche per la
crescita della produttività e della competitività in Italia", contiene elementi non
condivisibili.
Il giudizio della CGIL è negativo ritenendo che la scelta assunta dal Governo, di
considerare la produttività quale unica variabile su cui agire per modificare le
condizioni di lavoro, è una scelta folle. La CGIL ritiene che il Contratto Nazionale debba avere la funzione
di tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni dell'insieme dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni
singolo settore, attraverso l’incremento dei minimi tabellari e tenendo conto dell’aumento dei prezzi al
consumo. L'attuale impoverimento delle retribuzioni e relative contrazioni dei consumi dipendono solo ed
esclusivamente dall'assenza di percorsi chiari, inequivocabili, netti, capaci essi di salvaguardare l'equilibrio,
indispensabile per le famiglie e per l'economia, tra il potere d'acquisto dei salari ed i prezzi al consumo.
All'inizio del confronto, per evitare gli errori del 2009, la CGIL ha posto inoltre, a premessa del negoziato,
il tema della democrazia e della rappresentanza in termini applicativi del 28 giugno 2011 con Confindustria
ed estensivi per le altre Associazioni d'impresa. A distanza di più di un anno della sottoscrizione con
Confindustria, questa era un'occasione utile per determinare un avanzamento nella sua reale applicazione
attraverso l'esplicitazione delle modalità con cui certificare la misurazione del numero degli iscritti ed
iscritte ad ogni singolo Sindacato e la modifica nelle modalità di elezione delle Rappresentanze Sindacali
Unitarie che, deve avvenire su base esclusivamente proporzionale ai voti raccolti da ogni Organizzazione al
fine di poter determinare sulla base di questi due elementi - la reale rappresentatività.
Inoltre, i fondi stanziati dal governo ammontano a 2,1 miliardi, destinati a detassare al 10% gli aumenti
salariali legati alla produttività dell’azienda e, quindi, siglati a livello territoriale o aziendale. Si favorisce la
cosiddetta contrattazione di secondo livello a scapito del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Se la platea di riferimento sarà composta dai circa 14 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato, si
tratterà di una goccia nel mare. Gli sgravi, infatti, vanno divisi tra lavoratori e aziende e non potranno
superare l’ammontare stanziato. Potrebbe quindi capitare che contratti di secondo livello non trovino più
risorse disponibili.
Il Contratto Nazionale perde le sue funzioni principali, viene svuotato di Valori e diventa una scatola vuota.
L’accordo, spiega che il CCNL deve rendere la dinamica degli aumenti “coerente con le tendenze generali
dell’economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e tener conto delle esigenze
dell'azienda". La vecchia formula degli aumenti legati all’inflazione è solo un ricordo. L'ammontare
complessivo degli aumenti sarà collegato “a incrementi di produttività e redditività” definiti dai contratti di
secondo livello. Una quota consistente degli aumenti cambierà a seconda delle situazioni specifiche. Una vergogna!!!
La CGIL esprime un giudizio estremamente negativo nei confronti dell'ennesimo accordo vergogna, siglato
senza il "Sindacato vero"a danno dei lavoratori di questo Paese. Si rende necessario pretendere assemblee e
referendum al fine di discutere e bocciare questa impostazione pericolosa per i lavoratori e per i loro diritti.

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