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Economia Chieti Scalo / Via Erasmo Piaggio

Gli ex lavoratori Burgo non abbandonano il presidio: le storie

I lavoratori protestano nella sede di via Piaggio e non smettono di chiedere un incentivo economico alla mobilità o misure per la ricollocazione. La commissione permanente alle attività produttive annuncia che entro 18 mesi sarà pronto il progetto In.Te.

In mobilità da domenica (4 dicembre), gli ex dipendenti Burgo non si arrendono: il presidio permanente continua di fronte a quello che è rimasto della cartiera. Stamani la commissione consiliare per le Attività produttive ha annunciato che il progetto In.Te. non sarà pronto prima di 18 mesi, perché è necessario considerare l’annullamento dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) sollecitata dal sindaco e dal presidente della Provincia. Servirà dunque oltre un anno e mezzo perché si prospetti la possibilità di ricollocazione per i 133 dipendenti Burgo.
 
“Da parte dell’azienda c’è stata una chiusura totale - dice Lucio Petrongolo della Fistel-Cisl - ma noi vorremmo almeno una conclusione degna di questa vicenda”. I vertici dell’impresa non hanno voluto sentire ragioni: niente richiesta di cassa integrazione in deroga alla Regione, niente incentivo economico per la mobilità. “Capisco che il gruppo Burgo viva un momento di difficoltà - prosegue Petrongolo - ma ascoltare le ragioni dei lavoratori avrebbe fatto risparmiare almeno la metà dei 400mila di penale per mancato accordo sindacale”. Sulle ragioni di questo triste epilogo, il sindacalista non ha una spiegazione: “Stanno tagliando quelli che nella loro ottica sono i rami secchi, come lo stabilimento teatino”.

Presidio ex Burgo / Foto Francesca Rapposelli

 
I tagli, però, hanno lasciato le famiglie senza uno stipendio. Come Luciano Serano, che ha 55 anni e due figli da mantenere all’università. Lavora da 33 anni, non abbastanza per andare in pensione, ma è troppo vecchio perché un’altra azienda scelga di assumerlo. Se i più giovani possono sperare in una ricollocazione o in un nuovo lavoro, per i 60enni c’è poco da sperare. A peggiorare la situazione è arrivata la manovra del governo Monti, che ha stabilito che dal 2012 si potrà andare in pensione solo dopo aver maturato 42 anni di contributi. E il dissenso è unanime: “I più svantaggiati tra noi sono quelli tra i 60 e i 62 anni”. Anche Gianfranco Iezzi si sfoga: “Il futuro noi ultracinquantenni è buio: se avessi dieci anni in meno avrei l’illusione di essere ricollocato o di lavorare per un’altra azienda. Ma a questo punto non ho molto da sperare. Cosa succederà dopo la mobilità?”. Per tamponare il problema lancia un appello alla Burgo: “Bisogna sedersi di nuovo intorno a un tavolo e pensare ad una soluzione. Basterebbe la ricollocazione certa o un incentivo congruo alla mobilità”.
 
Ai lavoratori arriva la solidarietà di Giampiero Riccardo, coordinatore regionale dei Giovani Idv, che invita “chi fino a oggi è rimasto colpevolmente immobile, a farsi da parte”. Secondo Riccardo le istituzioni locali avrebbero dovuto “promuovere una sinergia tra ente Comune, Provincia e Università d’Annunzio per chiedere contributi dall’Unione Europea a gestione diretta, da usare per la riconversione industriale di Chieti Scalo”. 
 
C’è chi però non crede più alle promesse e alla solidarietà. Come Cristian Cordiali, che ha 38 anni, una bimba di un anno e mezzo e una moglie che ha dovuto chiudere il laboratorio tessile di cui era titolare. “Da un lato i datori di lavoro piangono e sfruttano la crisi - si sfoga - dall’altro sindacati e politici hanno fatto smantellare l’area industriale”. Cordiali non si fida nemmeno dei progetti di ricollocazione: “Alcuni sono poco seri, altri vengono bloccati”. Si riferisce in particolare all’impianto di smaltimento di imballaggi a Casalincontrada, pesantemente osteggiato dagli abitanti della zona: “I cittadini vengono manipolati - conclude amaro - mentre imprenditori e politici fanno solo i loro interessi”. 
 

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