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Economia

Primato di imprese al femminile in provincia di Chieti, ma l'Abruzzo cresce meno del resto d'Italia

L'indagine realizzata da Aldo Ronci per Cna Impresa Abruzzo mette in luce anche i tanti problemi irrisolti per le imprenditrici, a cominciare dall'accesso al credito

La provincia di Chieti è quella abruzzese che ha il maggior numero di imprese femminili, contribuendo a far arrivare l'Abruzzo sul podio delle regioni italiane. È il dato che emerge dall'indagine realizzata da Aldo Ronci per Cna Impresa Abruzzo, su dati relativi all'anno 2019. Questo record, però, porta con sé anche qualche ombra.

Nella nostra regione, le “imprese in rosa” sono 33.946 su 126.543, ovvero il 26,8% del totale, mentre in Italia la percentuale si attesta al di sotto di questa soglia, al 22,7%. L'Abruzzo risulta così la terza regione, dopo Molise e Basilicata.

In particolare, spicca il dato del chietino: le imprese femminili sono 11.750, contro le 6.423 di Pescara, le 7.757 dell’Aquila, le 8.016 di Teramo. Un primato che si riflette anche sul cosiddetto “tasso di femminilizzazione”: anche qui l’assicella è posizionata molto in alto, con un valore del 29,8%, dato che pone il territorio di Chieti tra i primi nella graduatoria nazionale per province. Più bassi, al contrario, i valori percentuali delle altre aree, anche se tutte al di sopra della media nazionale del 22,7%: con Teramo al 26%, Pescara al 25,8%  e L’Aquila al 24,7%.

Ma come si distribuisce nella nostra regione il mondo delle imprese “in rosa” tra i diversi settori produttivi? Lo studio della Cna rivela una fortissima presenza in agricoltura (9.375); nel commercio (8.311); nei servizi (6.872); nell’alloggio e la ristorazione (3.210); nell’industria (2.626). A detenere la più alta concentrazione percentuale è il settore socio-sanitario, dove una impresa su due è gestita da donne: (47,9% a fronte del 38,3% italiano). Dato pressoché irraggiungibile, visto che gli altri comparti seguono a distanza, con valori consistenti sempre in agricoltura (35,6% contro il  28,6% nazionale), i servizi (costituiti per più di tre quarti da quelli destinati alla persona) con il 33,3%.

Numeri incoraggianti, a cui seguono tuttavia le ombre, non appena i dati significativi dell’anno appena passato vengono incrociati con quelli degli anni passati. Un esame retrospettivo dice infatti che tra il 2014 e il 2019 sono andate perdute 154 unità, ma quel che è peggio è che in valore percentuale l’Abruzzo sia sceso dello 0,45%, contro una crescita media nazionale dell’1,39%. Sul piano territoriale, la variazione in negativo  ha riguardato soprattutto la provincia leader (Chieti) con una flessione di 219 unità, seguita dall’Aquila con 206. Al contrario, sia Teramo (+17) che soprattutto Pescara (+254) hanno registrato una crescita.

"Per l’imprenditoria femminile in particolare - dice la presidente di Cna Impresa Donna Abruzzo, Luciana Ferrone - il momento che stiamo vivendo è tutt’altro che florido. Per le emergenze nazionali, certo, a partire da quella sanitaria in corso. Ma anche in ragione di difficoltà più specifiche del nostro territorio, dove le imprese hanno problemi di esposizione maggiori, non da ultimo causati dal credito divenuto ormai inaccessibile".

"D’altra parte – aggiunge – nell’immediato futuro dobbiamo aspettarci il permanere e l’aggravarsi di situazioni di sofferenza per chi è già in campo, e problemi per l’apertura di nuove attività, anche in settori emergenti come il digitale. Si pone dunque un problema da porre alle istituzioni: quali strumenti mettere a disposizione per sostenere lo sviluppo e rilanciare le attività produttive".

"I numeri sulle imprese gestite da donne – le fa eco Letizia Scastiglia, direttore della Cna di Chieti e coordinatrice regionale di Cna Impresa donna Abruzzo – vanno incrociati con quelli generali dell’economia abruzzese e del suo andamento tutt’altro che brillante: condizione, questa, che si riflette in modo ancora più forte sulle attività gestite dalle donne: faccio notare, in questo senso, come le ultime regioni di questa graduatoria per regioni siano le più forti economicamente, ovvero Emilia, Veneto e Lombardia. Il primato nel campo dei servizi, in qualche modo – conclude Scastiglia – nasconde anche un evidente retaggio culturale sul ruolo della donna nella società".

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