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Cronaca

Chiedevano soldi alle famiglie in cambio di finti posti di lavoro all'università: condannati in cinque

Le indagini dei carabinieri erano nate dalla denuncia di una coppia di genitori a Chieti Scalo che aveva versato 25mila euro per 'sistemare' le figlie in Ateneo

Il giudice del tribunale di Chieti ha condannato i cinque imputati nel processo realtivo ai posti di lavoro fantasma offerti all'università d'Annunzio in cambio di soldi. Una truffa da 100 mila euro che ha coinvolto decine di famiglie pronte a tutto pur di vedere 'sistemato il proprio figlio disoccupato.

Ma il famigerato posto fisso non esisteva e con l'accusa di millantato credito, truffa e sostituzione di persona sono stati condannati gli ortonesi Patrizia Marino con la figlia Pamela Magno e il fratello Marco Marino, l'ex dirigente dell'Arta di Pescara Luciano Di Odoardo e l’ex vice sindaco di Casalincontrada Lino Camillo D’Arcangelo. Le condanne vanno da sei a due anni. Tutti dovranno risarcire anche le parti civili.

Le assunzioni facili

Le indagini dei carabinieri erano scaturite quattro anni fa dalla denuncia di una coppia di genitori sporta presso la stazione carabinieri di Chieti Scalo che aveva versato, in due anni, 25mila euro per 'sistemare' le figlie in Ateneo. Cifra necessaria, a detta dei truffatori, per remunerare personaggi di spicco dell’Ateneo che avrebbero dovuto seguire le pratiche di assunzione delle loro figlie.

Le indagini svolte dai carabinieri hanno però permesso di individuare molte altre vittime. Il sistema ideato per architettare la truffa si basava, fondamentalmente, sul rapporto di fiducia già esistente tra queste ultime e i condannati: quest’ultimi, facendo leva sullo stato di bisogno dei malcapitati, promettevano dei posti di lavoro per loro o per i congiunti, principalmente presso l’università d'Annunzio ma anche all'università di Roma e persino in Vaticano. Oltre a produrre atti, contrassegni e valori contraffatti riportanti loghi, nominativi e firme dell’ateneo, spesso i truffatori procuravano alle vittime anche contatti telefonici con  gli ipotetici “personaggi di spicco” che,  in realtà, altro non erano che loro complici.

Nel corso delle indagini sono stati rinvenuti e sequestrati falsi contratti di lavoro, tesserini contraffatti dell’università, falsi assegni di conto corrente riportanti l’intestazione dell’Ente.
 

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