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Cronaca

Di Santo interrogato: "Ordigni innocui, non volevo far male a nessuno"

Ascoltato dal gip De Ninis, alla presenza della pm Santoro e del difensore Di Pietro, l'uomo ha ribadito di voler solo dire la sua, senza danni alle persone. Proseguono le indagini per cercare complici. L'avvocato chiede i domiciliari

Ha ammesso le sue responsabilità, ma ha ribadito di non aver mai avuto intenzione di fare male a nessuno. Nessuna novità rispetto a quanto già dichiarato ai carabinieri di Pescara al momento della cattura è emersa dall’interrogatorio di Roberto Di Santo, arrestato venerdì (18 gennaio) dopo una fuga durata undici giorni.

Stamani (lunedì 21 gennaio) il gip del tribunale di Pescara Luca De Ninis, alla presenza della pm Silvia Santoro e del legale di Di Santo, Alfredo Di Pietro, ha sentito il presunto bombarolo nel carcere di San Donato, in cui è rinchiuso da venerdì sera.

Al magistrato ha raccontato di aver piazzato ordigni innocui, per evitare il minimo rischio di colpire qualcuno. Roberto Di Santo ha confermato di aver dato fuoco all’auto dei vicini a Cepagatti (Pescara), l’8 gennaio scorso, di aver incendiato la Toyota della sorella Patrizia di fronte al tribunale di Chieti la sera del 10, e di aver causato l’incendio dell’ex casa famiglia del gruppo Angelini, nel pomeriggio del 16 a Madonna degli Angeli.

Il difensore Di Pietro si è opposto al fermo, perché nell’attuale ordinamento legislativo non esiste il reato di tentata strage. Di Santo, di fatto, non ha causato danni a persone, per cui le sue gesta potrebbero non configurarsi nel reato di strage. L’avvocato ha chiesto per il suo assistito gli arresti domiciliari. Il giudice deciderà nelle prossime ore, insieme alla convalida del fermo.

In stato di fermo da venerdì, quando i carabinieri di Pescara lo hanno trovato in un casolare abbandonato di Rosciano (Pescara), Di Santo ha trascorso un fine settimana tranquillo. Ha dormito e mangiato regolarmente e ha trascorso il tempo leggendo. Avrebbe manifestato l’intenzione di continuare a scrivere libri: quando i carabinieri lo hanno stanato li ha invitati a leggere i suoi scritti in cui spiega le motivazioni dei suoi gesti, che servirebbero a combattere le ingiustizie della società. 

Intanto proseguono le indagini: al momento gli investigatori non hanno elementi che portino a credere nella presenza di complici. Ma la famiglia di Cepagatti a cui Di Santo ha incendiato l'auto racconta di aver visto muoversi contemporaneamente, quel giorno, la Toyota incendiata due giorni dopo davanti il tribunale e il camper targato Alessandria ritrovato con le ruote sgonfiate nel casolare di Rosciano in cui Roberto Di Santo è stato individuato.

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