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Cronaca San Martino / Viale dell'Unità d'Italia

L’ex titolare del Cohiba: “Sono innocente, non voglio scappare”

Antonella Gasparro, l’ex titolare del Cohiba ritenuta responsabile dell'incendio appiccato nel locale dello Scalo, ci ha contattato per raccontare la sua versione dei fatti

Antonella Gasparro, l’ex titolare del Cohiba indagata per il rogo appiccato nel locale in viale Unità d’Italia a ottobre scorso, continua a dichiarasi estranea alla vicenda. Ci ha scritto una lettera per raccontare la sua versione dei fatti.

“ ’Ad appiccare il fuoco al pub Cohiba fu la titolare’ è questo il titolo che i vari giornali e siti internet della zona attribuiscono ai loro articoli riguardo l’incendio che 27 ottobre fu appiccato al mio ex locale Cohiba in viale Unità d’Italia. Giornali, siti internet e molti cittadini a seguito hanno deciso di condannarmi già prima che potesse farlo la legge a cui in teoria spetterebbe tale compito. Infatti, nel verbale di notifica da me ricevuto compare la scritta indagata non la scritta colpevole. Questo mio intervento ha come primo scopo quello di invitare la gente ad essere più ragionevole nell’esprimere il proprio parere e di attenersi ai fatti concreti prima di giudicare. In secondo luogo vorrei presentare la mia versione dei fatti e come è giusto che sia argomentarla attraverso vari episodi di cui la gente che tanto giudica forse non è a conoscenza.

Innanzitutto gli stessi vigili del fuoco non sono stati in grado di accertare la vera fonte dell’incendio e se questo sia stato doloso o meno. Così come la parte in legno,  anche l’impianto elettrico non era a norma e tantomeno lo era la posizione del contatore elettrico. L’edificio nemmeno sarebbe potuto rimanere aperto, ma si sa quanto è facile in Italia far passare inosservate le cose. Fatto sta che con tanto di testimoni a seguito è successo ben due volte negli ultimi giorni che scoppiassero delle luci nel bel mezzo di serate, a volte anche rischiando di ferire qualcuno. 
L’ultimo episodio il giorno della serata di chiusura che non è nemmeno potuta avvenire come speravo. Vorrei poi ricordare di quando, negli ultimi mesi, ho ritrovato spesso il locale aperto con tanto di bigliettini di minaccia nella cassa e bollette della posta buttate nella parte antistante al locale con dell’urina sopra, in segno di beffa e disprezzo. Eppure le chiavi del locale avrei dovuto averle solo io”. 

Incendio Cohiba (27 ottobre 2015)

Antonella G. quindi ricorda vari altri episodi spiacevoli legati alla sua presenza al Cohiba. “Episodi cosi tanti e frequenti, che alla fine ho smesso anche di denunciare poiché ho potuto spiacevolmente capire che di tutela non ne avevo poi così tanta. Proprietari di altri circoli venuti di persona e che poi hanno mandato figli a minacciarmi con un manganello, gente che passava davanti al locale offendendo, minacciando e tirando massi che mi hanno anche colpita e mandata in pronto soccorso con tanto di referto a testimonianza, carabinieri chiamati di continuo per il troppo rumore durante l’apertura del locale che la maggior parte delle volte venivano e la musica era anche spenta, gente che entra e mi prende a calci e mi butta a terra con tanto di testimoni e foto allegate. Premetto che in effetti c’erano dissidi tra me e i proprietari, di certo non dovuti a morosità come si riporta ovunque, ma tra questo e il mettere fuoco al mio locale ce ne passa molto. Se da una parte si vogliono evidenziare solo i miei presunti moventi, vorrei che dall’altra parte si facesse caso anche a quello che mi è accaduto e che nessuno sa. Di certo in quel locale non sono stata una persona ben vista purtroppo. Dico purtroppo perché ho avuto altri locali nella stessa città e non ho mai avuto nessun tipo di problema. Chi mi ha conosciuta non può che confermare. Il giorno dell’incendio io stessa ho dichiarato di essere stata nel locale fino a poco tempo prima...

Era lì con me anche il rappresentante dell’Universal a riprendere gli oggetti datomi in comodato e il quale ha assistito allo scoppio di alcune luci e mi ha vista chiudere nel momento in cui stava andando via. Era presente un mio amico subito identificato e citato anche dal rappresenta Universal con la sua macchina grigia che mi aiutava a togliere le mie cose, non tutte perché molte sono rimaste lì per essere riprese il giorno dopo. Mi indispettisce che due testimoni siano venuti fuori solo a distanza di 20 giorni dall’accaduto per fare delle integrazioni e che essi sostengono che io sia andata via con una macchina di colore diverso da quella che effettivamente era presente e che anche il rappresentante Universal ha visto. La proprietaria sostiene la sua accusa sostenendo che in presenza del figlio io le abbia detto: prima che riconsegno le chiavi ti distruggo il locale. Se io stessa non risulto attendibile, sinceramente non so nemmeno quanto sia attendibile tutto quello che c’è intorno”.

Questa mattina (lunedì 25 gennaio) l'indagata comparirà davanti al gip per chiarire ulteriormente la sua versione e per chiedere di rimanere a Chieti, visto che è stato previsto il divieto di dimora in città, “Voglio restare qui per seguire da vicino lo sviluppo delle vicende e per dimostrare la mia innocenza. Perché confido nella verità  - conclude - e non ho intenzione di scappare visto che mi reputo innocente".
 

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