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Cronaca

Dubbi sui compensi del direttore: senatore accademico sospeso alla d'Annunzio

Goffredo De Carolis, che è anche sindacalista della Cisal, non percepirà lo stipendio da aprile a luglio. Flc Cgil e Cisl Università scrivono alla ministra Fedeli

Il senatore accademico e sindacalista Cisal dell’università d’Annunzio Goffredo De Carolis ha subito un provvedimento disciplinare che prevede la sospensione dal lavoro, e dunque dalla paga, per un periodo di tre mesi, da aprile a luglio. De Carolis, secondo gli uffici dell’ateneo preposti, avrebbe indirizzato commenti ritenuti denigratori all’indirizzo del direttore generale Filippo Del Vecchio nella riunione del Senato Accademico di dicembre. 

A quel punto Del Vecchio avrebbe chiesto l’avvio di un procedimento disciplinare, sfociato nella sospensione ai danni di De Carolis. In quella seduta, il senatore accademico aveva sollevato il dubbio sul compenso del dg, ritenendo che percepisse uno stipendio superiore a quello stabilito dalla legge. In quell’occasione, De Carolis fece anche il conto di quanto, secondo i suoi calcoli, il direttore avrebbe dovuto restituire all’ateneo: 50mila euro, a suo dire percepiti indebitamente, dal 2012. 

Immediata è scattata la solidarietà dei sindacati. In particolare Flc Cgil e Cisl Università nazionali hanno scritto al personale dell’ateneo teatino e alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, esprimendo solidarietà al dipendente sospeso, assicurando la propria partecipazione a qualunque iniziativa di protesta e proponendo una “cassa di solidarietà”, per aiutare De Carolis nei tre mesi in cui non potrà lavorare, né percepire alcun compenso. 

Nella nota, le sigle sindacali accusano il provvedimento di essere “intimidatorio e punitivo nei confronti di un dirigente sindacale amato e stimato dai lavoratori”. E ancora: “Quello che accade in UdA è molto grave e si somma al profondo scadimento, provocato da chi lo dirige, del clima organizzativo a tutti i livelli. Avvalendosi della propria posizione gerarchica si consumano impunemente vendette e ‘rese dei conti’ personali con i soggetti non disponibili a piegare la testa ai voleri del ‘vertice’”. 

I sindacati contestano il provvedimento per due motivi: “il diritto dei lavoratori ad avere un contratto integrativo” e, in secondo luogo, il contratto collettivo nazionale quadro del 1998, che all’articolo 18 specifica che “i sindacalisti, nell’esercizio delle loro funzioni, non sono soggetti alla subordinazione gerarchica prevista da leggi e regolamenti”.

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