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Cronaca

La Dia fa il punto: "Abruzzo permeabile agli interessi della criminalità organizzata"

La relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia sulla criminalità organizzata in tutta Italia. In provincia prevalgono i gruppi pugliesi con le loro rapine in trasferta e i furti perpetrati ai bancomat attraverso la cosiddetta "tecnica della marmotta"

"La regione Abruzzo appare permeabile agli interessi della criminalità organizzata sebbene non sia evidenziato uno strutturale radicamento da parte dei sodalizi mafiosi". È quanto si legge sfogliando le pagine della relazione semestrale inviata dalla Dia – Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento.

L'ultimo documento fa riferimento al 1° semestre del 2018. Nella nostra regione secondo la Dia vi sono infiltrazioni da parte della criminalità organizzata campana e pugliese, anche se non si registra la presenza stanziale di organizzazioni camorristiche. Tuttavia, nel tempo, diverse indagini hanno delineato operazioni di riciclaggio effettuate tramite insospettabili prestanome collegati ai clan campani. Sul territorio confluiscono anche ingenti quantitativi di stupefacenti, importati dalla Campania e rivenduti, prevalentemente, in provincia di Pescara, nelle numerose località turistiche che si affacciano sulla costa, e nel teramano.

Nel dettaglio, le ultime risultanze investigative attestano la presenza di soggetti riconducibili alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti di Africo (RC) e del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (KR): in quets'ultimo caso, nel fascicolo si ricorda che il capo ‘ndrina non solo aveva scelto di stabilire ufficialmente la propria residenza nella provincia di Campobasso, ma si era di fatto reso promotore di una associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani che operava fra la provincia calabrese e quella di Chieti. Inoltre, con l’operazione “Isola Felice”, conclusa recentemente dall’Arma dei carabinieri, nel fare luce sull’operatività dei crotonesi in Abruzzo e in Molise, è stato eseguito l’arresto di 25 responsabili.

Passando alla criminalità di matrice pugliese, questa si distingue innanzitutto per la commissione di attività predatorie. Recenti attività di indagine confermano, infatti, la spiccata propensione, in special modo dei gruppi foggiani, a consumare delitti contro il patrimonio con efferati e sofisticati modus operandi. È il caso delle “rapine in trasferta” e dei furti perpetrati ai bancomat attraverso la cosiddetta “tecnica della marmotta”, utilizzata dai malviventi per assaltare gli istituti di credito e che consiste nell’uso di un parallelepipedo in ferro che viene riempito di polvere pirica o degli assalti ai portavalori facendo uso di armi da guerra e di esplosivi. A questo proposito la Dia ricorda l'episodio del 6 maggio 2018 ad Archi, dove cinque pregiudicati del basso Tavoliere vennero arrestati in flagranza mentre assaltavano uno sportello bancomat armati di kalashnikov e pistole; durante il conflitto a fuoco uno dei responsabili rimase ferito in modo non grave. 

Per quanto riguarda lo spaccio di stupefacenti in Abruzzo, anche in questo caso la criminalità foggiana sembra prevalere sugli altri gruppi pugliesi, comunque attivi. A tal proposito la relazionbe della Dia cita l’operazione “Shefi”, che ha individuato e disarticolato un’associazione finalizzata al traffico internazionale di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, sull’asseAlbania-Puglia, destinata ad approvvigionare varie parti del territorio nazionale, compreso l’Abruzzo: non a caso, tra i destinatari degli stupefacenti figuravano anche alcuni soggetti stanziati nella provincia di Teramo e Chieti.

Stabile, infine, la presenza di gruppi slavo-albanesi, al pari di quelli nordafricani, nigeriani e sudamericani, i cui interessi criminali spaziano dai delitti contro il patrimonio al traffico di stupefacenti, dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina alla tratta di giovani donne finalizzata al loro sfruttamento sessuale.

Il grafico evidenzia i reati sintomatici di criminalità organizzata registrati

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