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Cronaca Ortona

8 marzo: cala il lavoro femminile e cresce la violenza di genere

L'allarme a Ortona della consigliera di parità Di Sipio sulle statistiche occupazionali delle donne. Le disoccupate sono molte di più dei maschi. E la piaga della violenza non diminuisce, seppure tamponata da centri e consultori

Lavoro assente, violenza di genere in crescita, tanto da creare un vero allarme sociale, tamponato dall’instancabile lavoro delle associazioni di volontariato. E se oggi, a Ortona, il centro antiviolenza Donn.è e il consultorio A.Ge. raccontano realtà sommerse, ma ancora troppo presenti, dal punto di vista occupazionale le donne non se la passano meglio, come allerta la consigliera comunale di parità Nadia Di Sipio.

I dati arrivano da fonti diverse, ma recitano tutti la stessa verità: le donne faticano ad accedere al mondo del lavoro. Secondo il 6°rapporto sociale della Provincia di Chieti, elaborato dalla psicologa del lavoro Antonella Coccione, che prende in considerazione il biennio 2011-2012, il tasso di occupazione generale è più basso della media regionale e nazionale degli ultimi 5 anni. Dal 2008 al 2012 c’è stato un calo del 4,1%, una flessione di gran lunga superiore a quella regionale (-2,2) e nazionale (-1,9). E sono proprio le donne a patire di più un panorama in cui il lavoro manca, specialmente per loro: l’occupazione femminile è calata del 3,6%, attestandosi al 39,1%.  Quella maschile resta inalterata intorno al 68,3%. Un dramma ancora più evidente rapportato alla media regionale (-6,2) e nazionale (-8).

E le disoccupate nel territorio chietino superano di gran lunga i maschi: 39.585, contro 32.824. In tutta la provincia fra il 2008 e il 2012 il tasso di disoccupazione è cresciuto del 5,3%, quello femminile sfiora addirittura il 14,7%.

Le statistiche non migliorano a favore delle donne nella sola città di Ortona: il Centro per l’impiego ha registrato un’impennata di iscritte donne, che sono il 55% del totale, 6.517. 

E se il lavoro manca, la popolazione attiva non partecipa al mercato del lavoro locale, andando ad ingrossare le fila di coloro che rinunciano a cercare un impiego, sprecando risorse e competenze che potrebbero essere ben spese a livello occupazionale. Un disagio che coinvolge le donne e i giovani.

In un panorama simile non se la passano bene le imprese, che nel 2012 hanno registrato un saldo negativo del 2% rispetto al 2010: il saldo iscrizioni/cessazioni vede un saldo negativo di – 395 imprese. Ed è un crollo che non risparmia nessun settore, anche se le attività manifatturiere registrano il calo peggiore (-57,6%). Di buono c’è che le imprese femminili fra il 2010 e il 2012 hanno subìto solo una lieve flessione dello 0,34%, attestandosi al 33% delle unità produttive sul territorio, 13.980. Prevalgono le ditte individuali nei settori del commercio, dell’agricoltura, attività manifatturiere, alloggio e ristorazione.

“In questo particolare periodo di crisi – commenta la consigliera Di Sipio - il prezzo più alto lo pagano soprattutto le donne che hanno maggiori difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e pochissime possibilità a rientrarvi dopo che ve ne sono uscite. Dati che però ci offrono diverse indicazioni anche sulle politiche da intraprendere a supporto dell’occupazione femminile che devono indirizzarsi sulla formazione e sul supporto all’autoimprenditorialità, poiché proprio l’impresa femminile fondata sulle piccole attività di natura manifatturiera e commerciale riescono a resistere alla crisi”. 

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