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Gli infermieri contro la Regione: dispositivi di protezione insufficienti e figura professionale svalutata

I presidenti dei quattro ordini provinciali d'Abruzzo rivendicano l'importanza del loro ruolo e le dovute protezioni nella gestione dell'emergenza Coronavirus

Una lettera congiunta, firmata dai presidenti degli ordini delle professioni infermieristiche delle province aburzzesi, per denunciare la scarsa qualità e l'insufficienza dei Dispositivi di protezione individuale, la mancata valorizzazione professionale degli infermieri nella gestione dell'emergenza Covid-19 e per chiedere alla Regione un incontro urgente. 

La lunga missiva, indirizzata al presidente della Regione Marco Marsilio, all'assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì e ai direttori delle quattro aziende sanitarie, è firmata da Giancarlo Cicolini (presidente dell'ordine delle professioni infermieristiche di Chieti), Maria Luisa Ianni (L'Aquila), Irene Rosini (Pescara), Cristian Pediconi (Teramo), a nome dei circa 12 mila infermieri d'Abruzzo.

Nella lettera, i presidenti degli Opi puntano il dito contro la scarsa fornitura di dispositivi di protezione individuale, che "risultano inadeguati. Manca totalmente - denunciano - la fornitura di copricapo integrali in Tnt impermeabili, che possano coprire testa e collo, ci si limita solo alla cuffia; i camici  si aprono sul retro, perché non hanno la doppia allacciatura (una interna e una esterna), si alza sul davanti quando si cammina, non ha uno schermo di protezione lungo le braccia (interventi di pronosupinazione o di broncoaspirazione), aumentano di fatto il rischio di contaminazione, sono state fornite alcune tute non a norma in quanto manca il requisito contro gli agenti infettivi En 14123, tra l’altro nemmeno previste tra i Dpi, mentre sarebbero le più indicate perché proteggono tutto il corpo".

Gli infermieri, che parlano dalla "trincea" contro il Coronavirus, lamentano che, in caso di interventi invasivi sul paziente, purtroppo abituali sui pazienti Covid, c'è il rischio "di schizzi di materiale organico in molti contesti dove si opera, che va dalle terapie intensive ai reparti Covid+, fino ad arrivare a considerare gli interventi sul territorio (118, territorio), mentre nel documento regionale non sono previsti i gambali di protezione contravvenendo non solo alla norma, ma esponendo tutti i lavoratori ad un rischio di contagio, poiché di fatto gli arti inferiori e le calzature non vengono protette. L’insufficienza inoltre dei DPI porta a non prevedere un cambio durante un turno di lavoro, trattenendo qualsiasi bisogno fisiologico dalle 8 alle 10 ore".

Il secondo punto su cui fanno leva i rappresentanti degli ordini degli infermieri è l'esclusione della professione dal'emergenza sanitaria in atto, dal momento che "ad oggi - scrivono - il ruolo della professione infermieristica è considerato quale mero esecutore, nessuna condivisione e/o partecipazione ad attività direttive o di programmazione a livello regionale è stata prevista".

In particolare, nell'istituzione delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziali), l'infermiere viene considerato un "collaboratore del medico", in modo, lamentano da non considerare "la sua autonomia professionale quale 'responsabile dell’assistenza', ma, soprattutto, viene creata, in maniera del tutto illegittima e arbitraria, una sorta di incomprensibile equivalenza di funzioni  tra infermiere, operatore socio-sanitario e autista, professionalità che equivalenti non sono, con evidente e altrettanto illogica corrispondenza e parità di attribuzione fra le tre figure, così creando una indebita interscambiabilità tra gli stessi, e ciò in aperta violazione di legge".

Agli infermieri, inoltre, non va giù che l'ordinanza disponga che sia l'azienda sanitaria a scegliere chi affiancare al medico tra infermierie, oss o autista, cosa che "rende sovrapponibili, e dunque interscambiabili, le suddette figure professionali, del tutto diverse tra loro per competenze, profili professionali, mansioni, livelli contrattuali".

"Se può essere comprensibile l’autista - continuano i presidenti - non fosse altro per ragioni legate al rischio di contaminazione nello svolgimento di attività legate al veicolo, non si comprende quale possa essere la “collaborazione” dell’infermiere in relazione all’intervento medico. Al contrario, nel caso si fosse ritenuta indispensabile la “collaborazione del medico”, in forza delle funzioni previste dal profilo professionale, lo si sarebbe dovuto prevedere espressamente, indicando le attività demandate all’infermiere e la ratio della scelta".    

Vista l'emergenza, gli infermieri propongono di destinare le loro professionalità alla collaborazione con il medico "per attività di triage, quando il ministero della Salute nelle linee d’indirizzo nazionali sul triage, recepito dalla conferenza Stato-Regioni, la definisce una funzione infermieristica".

Per questo, diffidano la Regione a voler modificare l'ordinanza sull'istituzione delle Usca, riservandosi di "tutelare la valorizzazione della funzione sociale degli infermieri iscritti all’albo nelle competenti sedi".

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