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L'Anpi Chieti rende omaggio a Jan Palach e al suo sacrificio per la libertà

Simbolo della resistenza anti-sovietica nella ex Cecoslovacchia, si diede fuoco a Praga 51 anni fa

La sezione Anpi  di Chieti, nel 50° anniversario della morte di Jan Palach, che ha sacrificato la vita per  liberare il popolo ceco dalla dittatura comunista, rende omaggio al giovane studente di filosofia, idealmente legato ai partigiani.

Pubblichiamo il ritratto a cura di Filippo Paziente, presidente dell'Anpi Chieti

"Ricordo di un eroe scomodo"

Nella notte tra il 21 e il 22 agosto 1968 i carri armati e migliaia di soldati dei paesi sovietici aderenti al Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia e pongono fine alla “Primavera di Praga” (il tentativo di Alexander  Dubček, leader del Paese, di realizzare il “socialismo dal volto umano” con l’attuazione di alcune riforme). Il popolo ceco è rassegnato. Solo pochi coraggiosi compiono atti di ribellione, subito duramente repressi.

È il pomeriggio del 16 gennaio 1969. A Praga, nella piazza San Venceslao, si ferma un giovane con un sacco a tracolla. Sposta il sacco lontano da sé, si cosparge il corpo di benzina e si dà fuoco con un accendino. La gente assiste sgomenta. Un tranviere si precipita in soccorso e con un cappotto spegne le fiamme, ma il giovane, per le gravissime ustioni, muore dopo tre giorni di agonia. Il suo funerale è accompagnato da migliaia di persone. Altri volontari lo imitarono. In uno dei quaderni chiusi nel sacco ha spiegato  il motivo del suo gesto:
 Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa

Altri volontari lo imitarono. Il giovane si chiamava Jan Palach, aveva 20 anni,  era studente di filosofia. Aveva sognato il successo della “Primavera di Praga”.  Di fronte all’invasione sovietica della Cecoslovacchia e alla repressione del tentativo riformista di Dubček il PCI tenne inizialmente un comportamento ambiguo e incerto. I protagonisti del Sessantotto non capirono il gesto di Palach e tacquero. Era un gesto disperato che esprimeva la disperazione dell’intero popolo, che aveva già sofferto per la dittatura nazista.

Le truppe tedesche avevano invaso il Paese il 15 marzo 1939, col consenso, sancito dal Patto di Monaco, di Francia, Gran Bretagna e Italia (ad aprile del 1939 l’esercito fascista ebbe il via libera  per l’invasione dell’Albania).  Hitler aveva esteso a tutto il Paese la legislazione germanica, ordinando l’immediata applicazione delle leggi razziali. Aveva assegnato il compito di reprimere le azioni di disubbidienza civile e le prime attività della Resistenza al generale Reinhard Heydrich, un fanatico comandante delle SS, definito il “boia di Praga” e “cuore di ferro” per la sua crudeltà e per le atrocità commesse contro gli oppositori e civili inermi. Tra i perseguitati per motivi razziali erano stati circa 15.000 gli adolescenti e i ragazzi  confinati nel tristemente famoso ghetto di Terezin e da qui indirizzati nei campi di sterminio di Treblinka ed Auschwitz.

La Cecoslovacchia rimase prigioniera della dittatura hitleriana per 6 anni, fino al crollo del nazismo. Più lungo - 21 anni -  e altrettanto sanguinoso fu il periodo della dittatura dell’Unione Sovietica, che terminò solo alla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989). I cechi non hanno dimenticato l’eroico Jan Palach, immolatosi per la libertà del suo popolo. Dopo la caduta del muro, hanno trasferito le sue ceneri (il corpo fu cremato) in uno storico cimitero di Praga (a ogni ricorrenza, la sua tomba è visitata in pellegrinaggio soprattutto da molti giovani); in piazza San Venceslao hanno murato una lapide ed eretto un monumento in suo onore.

E non lo hanno dimenticato i cittadini del Comune di Torre de’ Passeri, che il 6 marzo 2019,  hanno celebrato l'annuale Giornata Europea dei Giusti tra le Nazioni, istituita il 10 maggio 2012 dai deputati di Strasburgo, onorando la sua memoria: all’ingresso del Parco dei Giusti, ”luogo della memoria costruito per  celebrare figure esemplari di resistenza morale ai regimi totalitari nella storia del Novecento”, sul verde pavimento del viale hanno fissato una mattonella su cui sono state incise queste parole

“Jan Palach  Giusto tra le Nazioni”. L’hanno collocata accanto ad altre 8 mattonelle con i nomi di altri ciusti: Azucena Villaflor (fondatrice in Argentina del movimento delle “madri di Plaza de Mayo”, che si oppose alla dittatura militare e fu barbaramente assassinata), Vincenzo Baccalà di Lanciano (fucilato per essersi opposto in Unione Sovietica alla politica staliniana) e alcuni salvatori di ebrei (Gino Bartali, Roberto Castracane di Villa Santa Maria, Emidio e Milietta Iezzi di Guardiagrele, Alfredo e Giulia De Marco e Giuseppina Rucci di Atessa, don Gaetano Tandalo di Villavallelonga).
 

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